Sulla ricerca di personale nel Turismo in Sardegna

Sulla ricerca di personale nel Turismo in Sardegna | Nicola Pirina

Spesso nelle aziende sarde manca la pianificazione delle risorse umane e la ricerca avviene in modo approssimativo. I ragazzi vivono in un clima di attesa e non lavorano a priori sulle skills che il mercato richiede. Riflessioni su una recente esperienza di recruitment nel turismo in Sardegna.
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Ho recentemente assistito un cliente sardo in una intensa seduta di ricerca di personale nel turismo in Sardegna. Il cliente ha diverse strutture ricettive ed attività di somministrazione di alimenti e bevande. Mi sono quindi confrontato ancora una volta con la realtà delle attività produttive locali, nello specifico quelle legate al turismo, e con il mondo dei nostri giovani talenti isolani.

Continuo, da una parte, a riscontrare la totale assenza di una strategia di pianificazione e recruitment delle risorse umane, che porta alla lunga ad una perdita di competitività in un mercato sempre più dominato da know-how, professionalità specifiche, skills tecniche (che spesso nemmeno l’Università insegna e servirebbe semplicemente un po’ di sana curiosità e sperimentalità per acquisirle) e multidisciplinarietà. Dall’altra riscontro questa sorta di passività generale dei ragazzi (salvo pochissime eccezioni): ancorati a vecchi schemi formazione-lavoro, restano molto sulla linea Studio-Lavoro-Acquisico le skills necessarie dal e per il lavoro che svolgerò.

Ne approfitto di questo spazio per condividere qualche riflessione “a caldo” e sentire le vostre considerazioni su queste tematiche.

Lato domanda, manca una strategia di recruitment

Ma ritorniamo per un attimo alla mia recente esperienza con questa azienda sarda in cerca di personale. Taglia micro-mini come dimensioni rispetto al mercato globale, taglia media per il mercato sardo, livello medio alto – tendente alla buona qualità (vedi la composizione dell’offerta ricettiva in Sardegna). Imprenditori dinamici alla seconda generazione, soci giovani, brigata stabile su 12 mesi molto equilibrata, azienda con idee sane e voglia di crescere in maniera armonica ma innovativa – se no non ci farei nulla ;-)!

E’ stato come fare un viaggio nel tempo posto che, diverse vite fa, ho già svolto queste attività nella lunga stagione delle politiche attive del lavoro che seguivo per il Dipartimento del Turismo, allora sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Oggi come allora ho trovato l’azienda digiuna degli strumenti di base che la parte pubblica mette a disposizione per il reclutamento e l’inserimento delle nuove risorse umane in azienda. Non c’è collegamento con le scuole né con sistema universitario e sono totalmente sconosciuti gli ITS e gli altri corsi d’alta specializzazione. In più vengono completamente trascurati, tra gli altri, altri due aspetti a mio avviso non secondari, derivanti dal non corretto rapporto tra impresa e consulenti del lavoro. Non è compreso, più spesso ignorato, né pianificato, l’utilizzo delle agevolazioni pubbliche in materia di assunzione. A tratti “si percepisce d’aver sentito qualcosa per i tirocini”. Sono ancor meno utilizzati gli strumenti per la formazione continua del personale, ad esempio derivanti dai fondi inter professionali e dagli enti bilaterali.

Aggiungo un ultimo bit. C’è poca (o assente) strategia da parte delle aziende nella pianificazione generale per le risorse umane sotto diversi profili come nell’ambito delle premialità, stimoli, turnover, welfare, etc.. E questo non è solo un problema nella ricerca di personale nel turismo in Sardegna, ma in tutti gli ambiti.

Dulcis in fundo, è raro trovare un’azienda che sia davvero in grado di condurre e finalizzare una selezione di personale come si deve. Il tutto si svolge in modo approssimativo.

Viceversa, vedo spiragli nella comprensione della multifunzionalità che viene richiesta ai candidati. E fin qui niente di male, le aziende sane e lungimiranti lo stanno comprendendo ed hanno possibilità senza ombra di dubbio di crescere anche sotto questo aspetto per essere competitive in maniera contemporanea. 

Lato offerta, poca flessibilità dei candidati

Mi preoccupa di più il lato offerta. Salvo eccezioni, trovo gli aspiranti lavoratori e coloro che vogliono ricollocarsi ancora legati a vecchi schemi formativi e poco propensi a vedersi nell’attuale congiuntura. Che, fosse sfuggito a qualcuno, non è propriamente favorevole.

Ancora assenti le lingue, appena accennate le competenze informatiche, un poco più diffuso l’uso di mobile, ma esclusivamente a scopo ludico e coi soli social più diffusi, poco desiderio di mobilità e contaminazione, nessuna flessibilità per le mansioni e così via. Quindi i problemi permangono e son seri, al di là degli spot elettorali e delle affermazioni di chi si autoincensa senza risultati.

E tutto ciò senza considerare gli outlook sulle professioni del futuro che parlano di competenze trasversali, quelle che un tempo chiamavamo “soft skills” di un candidato, come “active learning” e “initative”. Vedi quest’ultimo rapporto del WEF, World Economic Forum.

jobs of the future | World Economic Forum
Jobs of the future | World Economic Forum

Per ritornare alla nostra ultima selezione, su una trentina di candidati, solo la più giovane ha chiesto che l’azienda si presentasse e che le venissero esplicitati meglio i need aziendali in modo che si potesse esprimere al meglio.

Caso raro di una persona che aveva un’innata voglia di lavorare e crescere.

Vero che anche i CCNL di riferimento sono datati e mettono in ponte aziende e candidati, ma è ancor più vero che le aziende oggi hanno necessità di squadre che lavorino per obiettivi, che tirino fuori il meglio della creatività e del dinamismo, spontaneità e capacità empatiche per entrare nel mood aziendale ed essere subito compliant con le varie tipologie di clientela.

Nicola Pirina, CEO Kitzanos

Questo è decisamente missing in action, proprio non pervenuto. Ma anche qui, nessun problema, come dicono gli amici slavi, c’è ancora tanto da fare. Meglio così, più lavoro per chi è in grado di metterlo nel mercato. 

Serve però un lavoro armonico tra tutti gli stakeholders, urge un atteggiamento open mind da parte di tutti gli interlocutori interessati. Sarebbe interessante scatenare un tavolo tecnico per chi lo desidera e predisporre un action plan in merito. Secondo me gli imprenditori ci stanno. Specie quelli che hanno inteso che rispettando la natura, usando la tecnologia, in Sardegna realmente si possa avere un’industria turistica che va a braccetto con quella dell’agrofood e dell’economia della conoscenza.

Ma secondo me ci stanno anche le persone che non si accontentano della naspi (che spero aumentino altrimenti anche qui continueremo a portare personale da fuori).

Only my two cents. Enjoy life 😉

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