Come viaggiatori siamo sempre più consapevoli dell’importanza di adottare comportamenti che siano rispettosi dell’ambiente e dei territori che ci ospitano durante la vacanza. Ma possiamo parlare davvero di turismo sostenibile, ma soprattutto tracciare un identikit dei turisti sostenibili?
Questa sensibilità non può che scaturire da una identità sostenibile. Perché non può esistere un’attenzione al proprio comportamento di viaggiatore se prima non si sviluppa una consapevolezza in tal senso nella vita di tutti i giorni. Ciò già accade per coloro che con piccoli gesti si prendono cura dell’ambiente. Ad esempio con il riciclo, la riduzione dello spreco di cibo, della plastica usa e getta, dell’utilizzo dell’energia elettrica. Oppure, scegliendo di usufruire di mezzi di trasporto alternativi all’auto.
Si potrebbe quindi desumere che chi di noi adotti questi comportamenti nella sua routine, automaticamente agisca allo stesso modo anche in vacanza? Considerato poi quanto la pandemia ci ha cambiato in questi mesi, cambiando e talvolta stravolgendo le nostre abitudini, possiamo davvero immaginare che ci sia più spazio per promuovere con successo l’adozione di comportamenti e abitudini più sostenibili, anche nella vita di tutti i giorni.
Vediamo di rispondere appellandoci alle più recenti ricerche in tema di sostenibilità ambientale in viaggio e responsabilità individuale!
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In vacanza si consuma quattro volte di più
Numerosi studi mostrano che nonostante aumenti tra i turisti la consapevolezza rispetto alla sostenibilità ambientale in viaggio, ci sia in realtà una differenza di comportamento tra le due situazioni. Le persone hanno la tendenza a disinteressarsi degli aspetti ambientali durante i propri viaggi (Ramchurjee et al. 2015, Holmes et al. 2019), di fatto consumando più risorse rispetto a quanto facciano a casa, (Gössling et al. 2015).
Ad esempio, uno studio dell’European Environmental Agency ci dice che i viaggiatori in media consumano 3 o 4 volte più acqua al giorno rispetto ad un residente. Mentre, dallo studio di Gossling et al. (2015), emerge che nel periodo 2010-2050, nel settore turistico si verificherà un aumento del consumo di acqua pari al 92%, di energia pari al 164% e di cibo pari al 108%.
Perché succede questo?
Viene spontaneo chiedersi come mai esista un divario nel comportamento tra “vita di tutti i giorni” ed “esperienza di vacanza”. Il fatto è che in vacanza tendiamo ad adottare comportamenti egoistici, non vogliamo responsabilità né preoccupazioni ma semplicemente divertirci e goderci l’esperienza. (Questo aspetto era stato già precedentemente trattato nel blog con l’intervista a Gloria Crabolu). Se comportarci responsabilmente interferisce con lo scopo della nostra vacanza, semplicemente non lo facciamo, soprattutto quando il contesto non facilita il mantenimento del comportamento sostenibile che adottiamo quotidianamente.
Le motivazioni e le barriere sono dunque molteplici e si riferiscono a ragioni intrinseche che ci portano a non comportarci in modo sostenibile. Tra queste, preferenze personali, attitudini, valori, conoscenza del tema e del proprio impatto.
Particolarmente interessante in questo momento storico è la barriera dell’abitudine, che si caratterizza per la mancanza di un intento consapevole e per la “visione a tunnel”, che la rendono per definizione resistente al cambiamento. Tuttavia, quando si verificano situazioni in cui le abitudini vengono temporaneamente interrotte, il cambiamento comportamentale pare essere maggiormente possibile. Ad esempio, nell’esperimento condotto da Verplanken et al. su 800 residenti di una città inglese, è stato dimostrato che la discontinuità nelle abitudini facilità l’adozione di comportamenti più sostenibili. Sono stati infatti promossi 25 comportamenti sostenibili a dei cittadini residenti ed è stato rilevato che l’adozione degli stessi avveniva di più tra chi aveva di recente cambiato residenza rispetto a chi era rimasto nel suo solito ambiente.
“Quando le abitudini vengono interrotte, ciò può creare una “finestra di opportunità” per il cambiamento del comportamento. Ciò può avvenire spontaneamente (…). Ma questa finestra può anche essere usata strategicamente per promuovere un cambiamento di comportamento.” Verplanken, B., Roy, D. (2016) Empowering interventions to promote sustainable lifestyles: Testing the habit discontinuity hypothesis in a field experiment, Journal of Environmental Psychology, 45, 127-134, p.128.
Dunque, uno stimolo derivante da cambiamenti nel contesto può essere particolarmente efficace quando non è possibile mantenere l’abitudine.
Covid favorirà verso un cambiamento di abitudini più responsabile?
Qual è il primo cambiamento esterno che ci viene in mente oggi? La pandemia!
Il Covid-19 sta di fatto modificando i paradigmi che guidano gli aspetti della nostra vita, turismo compreso, obbligandoci a considerare azioni alternative e a modificare la nostra impostazione mentale in uno “stato d’animo propenso al cambiamento”. Questa è per noi una grossa fortuna perché non dobbiamo neanche imporci nuovi comportamenti che diventeranno abitudini: è l’ambiente a noi circostante che muta, dandoci l’occasione di rendere un cambiamento un comportamento automatizzato.
Gli eventi che interrompono in qualche modo un’abitudine, “possono costringere le persone a ritrattare i modi di fare le cose, creare un bisogno di informazioni per fare nuove scelte e una mentalità che pone nella condizione di essere “in vena di cambiamento”.” Verplanken, B., Roy, D. (2016) Empowering interventions to promote sustainable lifestyles: Testing the habit discontinuity hypothesis in a field experiment, Journal of Environmental Psychology, 45, 127-134, p.128.
Le 3 caratteristiche del comportamento del viaggiatore sostenibile di Holmes et al.
Nel recente studio di Holmes et al. (2019) effettuato su un campione di 783 turisti canadesi, sono state identificate 3 caratteristiche del comportamento sostenibile del viaggiatore:
- Il reddito e l’istruzione influiscono sul comportamento sostenibile;
- Il comportamento adottato a casa influisce sul comportamento adottato in vacanza;
- La disponibilità a pagare è maggiore per il turista sostenibile;
Come nel grafico sopra, osserviamo tre profili primari di chi pensa alla sostenibilità ambientale in viaggio: quello del turistia tipico, il turista economico e quello sostenibile.
Ma chi è quindi il turista sostenibile?
I turisti sostenibili sono particolarmente attenti al territorio, cercano e confronta i messaggi sulla sostenibilità delle imprese, parlano del tema con gli amici. Hanno un livello di reddito medio alto, oltre i 70 mila dollari all’anno, un livello di istruzione superiore alla media dei viaggiatori ed hanno un età compresa tra i 25 e i 44 anni.
Qui di seguito una tabella riassuntiva tra i tre profili dei viaggiatori più interessati a viaggiare in modo sostenibile.
Come vediamo dallo studio di Holmes et Al. (2019), una delle tre caratteristiche rilevata risulta essere che più pratiche sostenibili si adottano in casa, più questo comportamento si mantiene in vacanza
Se consideriamo inoltre allora che l’abitudine quotidiana favorisce l’adozione di comportamenti sostenibili in vacanza – e quindi più agiamo responsabilmente ogni giorno e più è probabile che lo facciamo in viaggio – cosa succederà con il cambiamento forzato dal Covid-19? Fungerà da propulsore per ridurre il divario di cui parlavamo? Sarà la “finestra di opportunità” che effettivamente ci spingerà a mantenere la nostra abitudine quotidiana in vacanza?
Ciò dipenderà anche dal settore pubblico e privato, che avranno il ruolo di stimolare comportamenti sostenibili creando un ambiente favorevole al mantenimento delle abitudini, tutelando inoltre i territori.
Conclusioni
Cambiare le nostre abitudini soprattutto in viaggio può essere difficile, ma non possiamo più ignorare gli impatti del nostro comportamento sull’ambiente.
Non si pretende un cambiamento radicale ai limiti del fanatismo o la ricerca della perfezione – anche perché non esiste la condizione di “perfetta sostenibilità”: il concetto stesso di sviluppo sostenibile è legato a quello di “miglioramento continuo”, e così come non esiste ad esempio una destinazione o una impresa perfettamente sostenibile, neanche noi come individui e viaggiatori possiamo esserlo (basti pensare al fatto che solo respirando produciamo CO2…) – ma ciò che possiamo fare è adottare comportamenti che siano il meno impattante possibile, coerentemente con le nostre esigenze, preferenze ed obiettivi.
In verità si tratterebbe di piccoli cambiamenti che portano a costruire una differente impostazione mentale, che pone nella condizione di essere maggiormente propensi a cambiare e magari fare in seguito scelte più impegnative, tanto in casa quanto in vacanza.
A veder bene, i nostri due sé si stimolano e autoalimentano a vicenda: se l’avere un’identità sostenibile facilita l’essere un viaggiatore sostenibile è valido anche l’opposto, nel senso che così come non possiamo essere viaggiatori sostenibili se non siamo tali come individui, allo stesso modo non avrebbe senso essere viaggiatori sostenibili ma non avere lo stesso senso di responsabilità nella nostra vita di tutti i giorni.
“Se tante piccole persone in tanti piccoli posti fanno tante piccole cose, può cambiare la faccia di tutta la Terra.”
Proverbio africano
Foto copertina: Foto di Frank Tucker da Pixabay